La partecipazione alla 2 giorni è stata altissima: circa 1.000 donne provenienti da tutta Italia con la presenza dell’intero arco del femminismo storico (Libreria delle donne, Libera Università delle donne, Casa internazionale delle donne e centinaia di femministe note…) ma anche di un discreto numero di giovani: segno della necessità di incontrarsi e confrontarsi. Il confronto si è svolto in assemblea plenaria il sabato e la domenica mattina in maniera simpatica e inusuale (facendo girare il microfono nella sala, senza interventi e relazioni precostituite) e in gruppi di lavoro multitematici il sabato pomeriggio.
Per almeno la metà del tempo si è discusso del tema della rappresentanza/partecipazione politica, il 50e50, non so se per la preoccupazione per la prossima scadenza elettorale, se per la presenza di assessore locali, se per la presenza di alcune donne di SNOQ: è certo che a me e a molte è sembrato eccessivo focalizzarsi su questo tema che aveva già causato divergenze insanabili in Usciamo dal silenzio. Fortunatamente si è giunte ad una sana mediazione: le donne che hanno desiderio di percorrere una strada istituzionale devono poterlo fare senza limitazioni e sostenute da altre donne, ma senza che ciò diventi obiettivo prioritario del movimento.
L’altro tema discusso ad opera soprattutto delle giovani è stato il lavoro e il precariato, precariato che ormai investe molte vite anche adulte e che crea un serio ostacolo per l’emancipazione e la liberazione. Alcune hanno posto l’obiettivo del reddito di esistenza. Altre, come un’operaia Fiat di Acerra, hanno mostrato la difficoltà di essere donne oggi e di poter sviluppare un movimento su temi concreti.
L’altro tema messo all’ordine del giorno dall’appello Primum vivere sessualità, corpo, violenza quasi non è stato toccato dal dibattito: a causa dell’età mediamente elevata delle partecipanti?
Quindi, a 36 anni dall’altro Paestum, un grande evento di partecipazione e di dibattito ma un’occasione sprecata. Pur volendosi considerare una scadenza del femminismo radicale, in contrapposizione a quello di SNOQ, va da sè che la radicalità non si misura sulle frasi enunciate ma sul percorso e le strategie che si mettono in campo e sulla forza e gli obiettivi che si esprimono. Le conclusioni di Lea Melandri non hanno indicato nulla di tutto questo: nè l’indicazione di punti comuni, nè il percorso futuro, nè obiettivi e scadenze. Sembra di essere fuori dal tempo storico che stiamo vivendo, incalzate dalla crisi economica, politica e di civiltà; sembra di poterci permettere di essere a lato dei problemi e delle vite concrete. Alcune giovani e poche altre come l’operaia Fiat o un’insegnante di Roma hanno mostrato un più concreto e politico punto di vista ma i loro interventi sono stati ascoltati e poi messi da parte. Non un manifesto comune, nè tanto meno una scadenza comune visibile ma solo permanenza del blog e invito a scrivervi e a continuare il confronto.
E’ decisamente un’occasione sprecata: manca la visibilità politica delle donne che pure continuano a lavorare politicamente negli ambiti più svariati e in numerosissimi collettivi. E ci si ritiene soddisfatte delle vecchie forme di pratica politica, oggi seriamente messe in discussione dalla crisi e dai colpi che ci vengono sferrati.
Ma non è detto tutto: la realtà è dura a morire e potrebbe schiaffeggiarci con violenza e costringerci a guardarla in faccia. Non è detto che da questo convegno non possano sorgere movimenti e spinte diverse sia per quanto riguarda la riflessione (che a Paestum mi è sembrata un pò datata e senza particolari necessarie innovazioni) sia soprattutto per diventare un movimento che agisce e pesa sulla scena politica. Avendolo già fatto in altre occasioni (Usciamo dal silenzio, Sommosse, Snoq) è possibile che ciò accada. Speriamo che non sia troppo tardi…
Rosa Calderazzi